Come calcolare il brand value e misurare il valore del proprio marchio

Come calcolare il brand value | QuBox

In questo articolo parliamo di…

  • Comprendere il valore del proprio marchio è fondamentale nell’economia odierna. Non si tratta solo di un logo o di un nome, ma di un asset intangibile che racchiude la percezione, la reputazione e la fedeltà dei clienti, influenzando direttamente le performance aziendali. Misurare questo valore permette alle imprese di prendere decisioni strategiche informate, ottimizzare gli investimenti di marketing e rafforzare la propria posizione competitiva sul mercato.
  • Esistono diversi approcci per quantificare il valore di un marchio, ognuno con i propri punti di forza e le proprie specificità. Dai metodi basati sui costi o sui ricavi futuri, a quelli che confrontano il marchio con asset simili sul mercato, fino alle analisi focalizzate sulla percezione e sulla fedeltà del cliente.
  • Investire nella costruzione e nella misurazione del brand value porta a benefici tangibili. Ricerche accademiche confermano che i marchi forti non solo godono di una maggiore preferenza da parte dei consumatori, ma tendono anche a sovraperformare finanziariamente.

Esistono diversi approcci per quantificare questo capitale invisibile: dall’analisi finanziaria ai modelli basati sull’esperienza del consumatore

Il valore del marchio, o brand value, rappresenta quella risorsa immateriale che permette a un’azienda di emergere, creare un legame con il proprio pubblico e, in ultima analisi, generare valore economico.

Ma cosa significa esattamente “brand value” e perché è così determinante per il successo di un’impresa?

Approfondiamo insieme questo concetto e scopriamo anche come misurarlo.

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Che cos’è il brand value?

Immagina il brand value come le fondamenta invisibili di un edificio: non si vedono, ma reggono tutto ciò che si costruisce sopra. È il patrimonio immateriale che un marchio accumula nel tempo grazie a percezioni, esperienze ed emozioni che i clienti associano a un’azienda, ai suoi prodotti o servizi. Quando queste connessioni diventano solide, si traducono in un valore economico concreto: prezzi premium sostenibili, fedeltà nel lungo periodo e fiducia da parte degli investitori.

Un marchio forte non vive soltanto di qualità del prodotto, ma del suo universo narrativo: valori, promesse e simboli che lo rendono riconoscibile e desiderabile. È questo che spiega perché marchi iconici resistono meglio alle crisi, attraggono talenti di alto livello e mantengono un vantaggio competitivo duraturo.

Trascurare il brand value significa rinunciare a uno degli asset più potenti che un’azienda moderna possiede. Una ricerca pubblicata su Advances in Management & Applied Economics ha persino mostrato come gli investitori tendano a preferire azioni di società con marchi forti, riconoscendone il valore aggiunto intrinseco.

La domanda che segue è naturale: come trasformare questo patrimonio intangibile in numeri concreti, capaci di guidare decisioni strategiche?

Calcolatrice, foglio di carta e penna per calcolare il brand value alla vecchia maniera | QuBox

Metodi per calcolare il valore di un marchio: approcci finanziari, di mercato e basati sul cliente

Attribuire un numero al valore di un marchio è un po’ come valutare un diamante: puoi stimarne il prezzo guardando i costi di estrazione, confrontandolo con altre pietre simili vendute sul mercato, oppure osservando come viene percepito da chi lo indossa. Allo stesso modo, il brand value si misura attraverso tre grandi approcci.

Il primo è l’approccio finanziario, che prova a isolare il contributo economico del marchio. Qui troviamo metodi come quello dei costi (quanto servirebbe per ricreare oggi il marchio da zero?), quello del reddito (ad esempio il “Royalty Relief”, che calcola le royalties ipotetiche da pagare per usarlo se non fosse di proprietà) o le proiezioni sui flussi di cassa futuri attribuibili al brand.

Il secondo è l’approccio di mercato, che funziona come nella compravendita immobiliare: il valore di un marchio si stima osservando le transazioni di brand simili, i loro multipli e le dinamiche di acquisizione recenti.

Infine, c’è l’approccio basato sul cliente (“Customer-Based”), che scava nel cuore e nella mente dei consumatori. Qui si misurano metriche come notorietà, fedeltà, qualità percepita e associazioni mentali. È l’approccio che cattura il vero potere emotivo del marchio.

Molte valutazioni efficaci nascono dalla combinazione dei tre metodi, così da avere una fotografia più realistica. Non a caso, alcune PMI italiane del settore agroalimentare, pensiamo a un marchio storico di pasta artigianale o di cioccolato, hanno scoperto, attraverso questo mix, che il valore percepito dai clienti pesava più della loro marginalità attuale, portandole a investire non solo in produzione ma soprattutto in storytelling e brand identity.

Questi approcci ci offrono cornici diverse. Ma la vera sfida per chi gestisce un brand è tradurre queste cornici in indicatori concreti da monitorare nel tempo.

Fogli di  carta sulla scrivania con dati e statistiche necessari per la misurazione nel tempo del brand value | QuBox

I KPI essenziali per misurare il valore del brand e monitorarne l’evoluzione

Un marchio non vive di numeri astratti, ma di segnali che possiamo misurare e interpretare. Alcuni degli indicatori più rilevanti per valutare il brand value includono:

  • Brand awareness: quanto il marchio è conosciuto nel mercato di riferimento.
  • Fedeltà e retention: il grado di riacquisto e la durata della relazione con il cliente.
  • Qualità percepita: la differenza tra ciò che il brand promette e ciò che i clienti percepiscono realmente.
  • Associazioni di brand: i valori, le emozioni e le immagini che il marchio evoca.
  • Premium price: la capacità di far pagare un sovrapprezzo rispetto ai concorrenti.
  • Share of voice e presenza mediatica: quanto il brand domina la conversazione pubblica e di settore.

Questi indicatori assumono sfumature diverse a seconda del tipo di azienda.
Una multinazionale come Nike, ad esempio, misura la sua forza sulla capacità di mantenere un livello altissimo di brand awareness globale e di far percepire i suoi prodotti come simboli di aspirazione, giustificando così un premium price su scala mondiale.

Un brand di artigianato di lusso italiano, invece, può avere una notorietà più ristretta ma puntare tutto sulla qualità percepita e sull’esclusività delle sue creazioni. Qui la forza del marchio non risiede nella quantità di clienti, ma nella profondità del legame con una clientela selezionata, disposta a pagare per l’unicità, la storia e il savoir-faire artigianale.

In entrambi i casi, il brand value non si misura soltanto con i ricavi, ma con la capacità del marchio di occupare uno spazio privilegiato nella mente (e nel cuore) dei clienti.

Leggi anche: Come creare una brand identity forte e riconoscibile nel mercato

Strategie efficaci per aumentare il valore del marchio e migliorare la percezione del brand

Se conoscere gli indicatori è fondamentale, la vera sfida è capire come agire su di essi. Ed è qui che le strategie divergono a seconda della natura dell’azienda.

Una multinazionale come Nike investe in campagne globali che rafforzano la brand awareness, legando ogni prodotto a un messaggio di ispirazione universale (“Just Do It”). In questo caso, il brand value cresce perché l’azienda riesce a occupare stabilmente l’immaginario collettivo, generando associazioni immediate e positive in miliardi di persone.

Un marchio di artigianato di lusso italiano, invece, non punta a essere ovunque: il suo valore cresce attraverso l’esclusività e la cura dei dettagli. Qui entrano in gioco elementi come la narrazione culturale, la qualità dei materiali e la capacità di costruire esperienze personalizzate per i clienti. Ogni interazione, dal packaging al servizio post-vendita, diventa un tassello nella costruzione del valore percepito.

Un aspetto trasversale a entrambe le realtà è la capacità di rafforzare il legame emotivo con i clienti. In questo senso, anche iniziative che prevedono l’uso di regali aziendali possono diventare leve strategiche. Per una multinazionale significano scalabilità del messaggio; per un artigiano di lusso significano esclusività e personalizzazione estrema.

Il brand value, quindi, non è qualcosa di statico. È un capitale vivo, che cresce o si riduce a seconda della coerenza, della visione e della capacità di far percepire il proprio marchio come unico.

Un caso concreto: quando il regalo diventa brand value

Un laboratorio artigianale fiorentino di pelletteria, conosciuto per le sue borse fatte a mano in edizione limitata, aveva l’esigenza di comunicare ai propri clienti internazionali che acquistare un suo prodotto significava entrare in un mondo esclusivo, fatto di tradizione e savoir-faire. Non bastava più raccontarlo: serviva un gesto capace di farlo percepire in modo tangibile.

Insieme, abbiamo sviluppato una gift box esperienziale, pensata non come semplice dono ma come estensione del brand. L’apertura della scatola era un rituale: il profumo della pelle conciata al vegetale si mescolava alle note di un vino rosso toscano selezionato, accompagnato da un piccolo quaderno in carta artigianale con il racconto della loro storia. Ogni elemento era coerente con i valori del marchio: autenticità, artigianalità, eleganza senza tempo.

La reazione dei clienti fu sorprendente. In diversi casi, la box venne condivisa sui social dai destinatari, che non parlarono solo del regalo, ma del brand nel suo complesso. Per il laboratorio fiorentino, questa iniziativa ha significato rafforzare il proprio posizionamento internazionale e rendere il concetto di brand value un’esperienza viva e memorabile.

È in questi momenti che si comprende come i regali aziendali non siano accessori, ma strumenti strategici: veicoli di percezioni, emozioni e ricordi che restano nella mente dei clienti molto più a lungo di qualsiasi campagna pubblicitaria.

Come calcolare il brand value: domande frequenti

Qual è la differenza tra brand equity e brand value?

Sebbene spesso usati in modo intercambiabile, brand equity e brand value hanno sfumature diverse. La brand equity si riferisce al valore percepito del marchio nella mente dei consumatori, basato su notorietà, associazioni, qualità percepita e fedeltà. È una misura più qualitativa e orientata al cliente. Il brand value, invece, è la traduzione finanziaria di questa equity; rappresenta il valore monetario che il marchio aggiunge all’azienda. Si può pensare alla brand equity come alla causa (la forza del marchio agli occhi del pubblico) e al brand value come all’effetto (il suo impatto economico misurabile sul bilancio aziendale). Fortificare la brand equity è il percorso principale per aumentare il brand value complessivo.

Anche le piccole e medie imprese (PMI) dovrebbero calcolare il brand value?

Assolutamente sì. Anche se le PMI potrebbero non avere le risorse per complesse valutazioni finanziarie annuali come le grandi multinazionali, comprendere e monitorare il valore del proprio marchio è fondamentale. Per una PMI, un marchio forte può essere un differenziatore essenziale in mercati locali o di nicchia. Permette di costruire una base clienti fedele, giustificare prezzi non necessariamente al ribasso e attrarre talenti.

Esiste un metodo “migliore” o più accurato per calcolare il brand value?

Non esiste un unico metodo universalmente riconosciuto come “il migliore” in assoluto. La scelta dipende fortemente dall’obiettivo della valutazione (es. fusione/acquisizione, reporting finanziario, strategia interna), dai dati disponibili e dal settore di riferimento. I metodi finanziari come il Royalty Relief sono spesso usati per scopi contabili e legali. Gli approcci basati sul cliente sono eccellenti per comprendere le leve della percezione e guidare le strategie di marketing.